La prima volta che la traiettoria della mia vita si è incrociata con gli assorbenti ero agli scout.
Dentro un sacchetto, appena fuori dalla tenda, una matassa di cotone, rayon e beh, mestruo, giaceva.
Il mio cervello registrò l’accidente come un bug, dei pixel sgranati, una bomba batteriologica e sicuramente un’immonda creazione da bandire da questo mondo.
O quantomeno, se possibile, ecco, per favore, evitare e ignorare. Grazie.
Ma nell’ambiente scout, decisamente più sano e con meno pressione delle scuole medie, sono riuscito a entrare in ascolto con il mondo femminile.
Grazie alle ragazze che ho incontrato ho dato dei contorni agli assorbenti, alla loro funzione e alle loro implicazioni.
Dapprima pratiche, ora politiche.
Con continuo confronto ho capito che spesso ciò di cui abbiamo più paura, che più vogliamo schifare, è ciò che ignoriamo e di cui non capiamo il senso.
È la stessa indefinitezza a farci paura. è il nostro cervello a riempire gli spazi bui con orrori indicibili, a demonizzare ciò che è altro da noi.
Definire i nomi delle cose ci permette di capirle, inserirle in una cornice di senso, normalizzarle e risolverle. O più spesso capire che non erano affatto un problema.
Abbattiamo i tabù e prendiamoci cura di noi stessi.
Chiediamo assorbenti gratuiti al Politecnico di Milano.
#naturalmentegratis